Riceviamo segnalazione di questa triste storia, esposta sul sito della neonatologa, pediatra e medico legale, Maria Serenella Pignotti:
“Di nuovo rapimenti di stato, di nuovo violenza delle istituzioni sui bambini.
Un bambino di soli 8 anni, affidato congiuntamente ai due genitori ed in custodia alla madre, è oggetto di provvedimento del Tribunale che, 8 giorni fa, decretava un improvviso cambio di collocamento con spostamento immediato del bambino dalla Toscana alla Sicilia dal padre dove non ha mai abitato.
L’esecuzione del decreto è affidata ai Servizi sociali dei due territori che dovranno supportare il bambino nel percorso di adattamento al nuovo ambiente e nella ricostruzione del rapporto con il padre, evidentemente già prevedendo un grave disagio del bambino.
L’esecuzione veniva disposta da lì a 7 giorni, con ordine di prelevare il minore ove si trovi, anche a scuola, e ad affidarlo al padre, il tutto con l’assistenza della forza pubblica mentre viene richiesto alla Polizia di Stato di supportare le attività di esecuzione.
Tutto ciò perché, a fronte del rifiuto dal gennaio 2020 del piccolo di incontrare il padre deve esserne disposto il collocamento da lui ‘quale ultimo tentativo di ricostruzione della bigenitorialità ’.
A tale decreto veniva opposto reclamo con richiesta di sospensione immediata e inaudita altera parte per i gravi vizi che, secondo noi, lo caratterizzano ma, nella giornata di ieri, la Corte di Appello respingeva la richiesta di sospensione, pur affermando che ‘certamente il provvedimento preso è di grande impatto anche emotivo nella vita del minore e tuttavia non si ravvedono i gravi motivi di cui all’art. 351 cpc III comma cpc dovendosi allo stato ritenere che tale impatto sarà uguale anche se posposto nel tempo”.
E di nuovo richiamandosi al diritto del minore alla bigenitorialità pena severe conseguenze sul suo sviluppo psichico.
Nella mattinata di ieri la madre ha avuto un incontro drammatico coi servizi sociali alla presenza del proprio avvocato. Dopo di che vari operatori si sono recati al domicilio nell’intento di prelevare il bambino accompagnati da macchine della questura, attardandosi per molto tempo sotto casa, suonando e battendo alla porta.
Le motivazioni del rifiuto del bambino non sono mai state adeguatamente indagate. Non è stata espletata una CTU, nessun medico, né psicologo ha mai visitato il bambino con l’intento preciso di indagare le origini del suo rifiuto. Anzi l’unica psicologa che lo ha visto ha segnalato come critico ‘il tema della separazione dalla madre’, ma senza approfondirne la motivazione.
Vogliamo conoscere quali siano le basi scientifiche di una tale drammatica decisione e le sue motivazioni, e perché essa sia stata presa nonostante venga chiaramente riconosciuta la ‘intensità lesiva’ dell’impatto emotivo che viene ad abbattersi sul bambino, tanto da indurre il giudice ad ordinare, fin da subito, un progetto di supporto per il piccolo.
Domandiamo perché venga utilizzata la forza pubblica contro un bambino di soli 8 anni che vuole semplicemente stare con la sua mamma, frequentare la sua scuola, mantenere le sue amicizie, la sua casa.
Domandiamo in cosa consista questo ipotetico danno psichico che egli subirebbe se non esercitasse quello che viene, ipocritamente, chiamato ‘un suo diritto’ cioè il visitare il padre, come se fosse obbligo per un cittadino esercitare un diritto.
Ed ancora perché tale ipotetico ‘danno psichico’ per le mancate visite al padre non si abbatta sul piccolo se invece non visita la madre o se viene da lei sradicato contro il suo volere.
Ci domandiamo su che basi tale ipotetico ‘danno psichico’ prema ai magistrati più dell’invece certo danno emotivo, che già loro stessi preannunciano.
Ci domandiamo a cosa serva il supporto anche della Polizia di Stato.
Ci domandiamo perché il bambino e la sua mamma debbano essere ‘braccati come prede di caccia’ e il piccolo prelevato ‘ovunque’.
Ci domandiamo perché possa essere suggerita ed utilizzata la scuola, ambiente di educazione e protezione privilegiato, per un atto di tale brutalità che sconvolgerà per sempre il bambino, ma anche gli altri alunni, e gli insegnanti stessi. Bambino che mai più si avvicinerà con fiducia alla istituzione scolastica.
Ci domandiamo perché tale ipotetico ‘danno psichico’ non permetta neanche la conclusione dell’anno scolastico.
Chiediamo quale sia la base scientifica del ragionamento su cui si fonda la decisione.
Quali studi dimostrano che il trauma del bambino sarà superabile?
Quali altri dimostrano che se non visita il padre da un anno e mezzo ne avrà un danno psichico?
Quali studi confortano che non si verifichi un anche più grave danno psichico per la separazione dalla madre, che già lui teme, e da tutto il suo ambiente di vita per finire, ad un mese dalla fine della scuola, in un posto dove non ha mai vissuto, né ha relazioni di altro tipo?
Quali studi supportano una buona prognosi con provvedimenti di tale violenza?
Su quali basi si fonda la decisione di interrompere un anno scolastico ad un mese dal suo termine?
Su quali studi si fonda la scelta di interruzione del rapporto con un genitore (per l’appunto sempre la madre) al fine di ricostruire il rapporto con l’altro genitore?
Questi metodi concretizzano, a nostro parere, una vera e propria violenza istituzionale, una violenza di Stato che ricorda i regimi militari.
Esperita ai danni di un bambino di soli 8 anni.
E che, soprattutto, è in gravissimo odore di pregiudizio, pregiudizio verso le madri, pregiudizio verso l’infanzia, ridotta ad oggetto da spostare come e dove si vuole, considerata priva di emozioni, sentimenti, affettività, a completa mercé di adulti che ne fanno quello che vogliono.
Ed ancora si respira l’aria della SINDROME DI ALIENAZIONE PARENTALE, gravissimo pregiudizio di genere e verso l’infanzia bandita dalla Scienza Ufficiale e dal nostro ordinamento, con fiumi di sentenze della Cassazione.
Si respira l’aria fetida di uno strumento di violenza di genere e di violenza contro l’infanzia che si è insinuato, al grido di una falsa scienza, nelle aule dei Tribunali di un paese che si dice civile ma che si è scordato che il livello di civiltà di un popolo si misura da come questo tratta i suoi bambini.”