Infusione di chemioterapia aerosolizzata in toracoscopia. Aoup primo ospedale in Italia
Si chiama PITAC, (l’acronimo dal suono sincopato sta per Pressurized IntraThoracic Aerosol Chemotherapy), e si tratta di una metodica innovativa, che consente la somministrazione locale di chemioterapico per via toracoscopica nel trattamento delle carcinosi pleuriche primitive o secondarie.
L’idea nasce e viene realizzata presso l’Unità operativa di Chirurgia toracica dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana (foto), diretta dal professore Marco Lucchi; si tratta del primo centro italiano ad eseguire questa procedura, realizzata traslando in torace una tecnica usata in addome nel trattamento dei tumori diffusi del peritoneo. Finora il trattamento delle carcinosi pleuriche, patologie tumorali ormai avanzate e diffusamente estese sulla pleura, era esclusivamente sintomatico e palliativo, demandato solo alla pleurodesi chimica con talco se non al mero drenaggio pleurico a permanenza. Di fronte a tali quadri di malattia, infatti, anche i farmaci chemioterapici di ultima generazione non riescono a raggiungere il bersaglio (ovvero tutta la pleura) in maniera efficace.
La nebulizzazione del farmaco chemioterapico realizzata dalla PITAC, invece, permea tutte le superfici endotoraciche con l’aerosol, interessando anche spazi altrimenti difficilmente raggiungibili. La tecnica toracoscopica consente, peraltro, di valutare sotto visione diretta e con precisione l’estensione della carcinosi, controllando la diffusione del farmaco durante la procedura.
Ciò permette di effettuare un trattamento che non è più ormai solo palliativo ma che ha anche finalità oncologiche, al prezzo di un intervento mini-invasivo, di breve durata, che comporta una degenza di circa 3 giorni e con effetti collaterali sistemici minori per numero ed intensità di quelli che gravano su altri tipi di procedure. La PITAC, infatti, grazie alla tecnica di nebulizzazione, richiede una minor concentrazione di farmaco chemioterapico.
“E’ davvero un trattamento innovativo – commenta il professor Lucchi – che permette di esplorare territori terapeutici posti ben al di là delle attuali possibilità. L’obiettivo finale è quella di poter offrire nuove chanches in senso curativo a malati che, proprio per lo stato avanzato della patologia, vengono relegati a trattamenti solo palliativi. Con questa metodica, infatti, vista la bassa concentrazione di farmaco richiesto e, quindi, la bassa tossicità complessiva, è più facile somministrare e valutare l’azione di farmaci di nuova generazione. La nostra speranza, dunque, è quella di poter spostare in là un’asticella purtroppo ferma, ampliando di fatto le prospettive di cura per questi malati oncologici”.
All’Ospedale di Cisanello sono state condotte, finora e a partire dal dicembre scorso, ben 10 procedure di PITAC. Si tratta della fase iniziale e pionieristica di un progetto di ampio respiro, atto a raccogliere una congrua dose di risultati con cui valutare correttamente l’impatto oncologico di questa nuova tecnica.
Fonte: di Emanuela del Mauro su sito web Aoup