Rubrica: “Cose vecchie che diventano nuove” | Da dove arriva il divino e sublime cioccolato?
Un bel giorno è successo qualcosa di sublime e meraviglioso, di ancestrale e divino, unico e un miracoloso: IL CIOCCOLATO. Da dove arriva questa benedizione divina?
Chi l’ha detto che “nuovo” debba per forza essere un’invenzione? E se invece bastasse solo un modo diverso di guardare?
Aprile 2022
Pasqua e pasquetta sono accompagnate da una enormità di usanze e tradizioni, non c’è luogo che non abbia le sue. Per raccogliere le ricette tipiche e i diversi riti anche solo del Bel Paese, dovremmo comporre una di quelle enciclopedie in tomi che una volta si vendevano porta a porta. Che siate del nord o del sud, italiani o stranieri la Pasqua è sempre legata alla rinascita e alla rigenerazione, rappresentate dall’uovo o dal coniglietto. Donare l’uno o l’altro è una scelta ardua da compiere davanti a scintillanti confezioni, ma c’è qualcosa che unisce questi due simboli, qualcosa di sublime quanto un miracolo: il cioccolato.
Da dove arriva questa benedizione divina?
Più di 2000 anni prima di Cristo, il cacao era già in uso tra il Messico e l’Equador. Presso la popolazione precolombiana degli Olmechi (sono quelli che scolpivano le teste umane nei blocchi di basalto, cercateli se non li conoscete!) si utilizzavano le fave di cacao per preparare una bevanda molto speziata e amara, consumata dai re e dai sacerdoti durante i rituali di offerte agli dei. Da questa sua funzione rituale prende origine il nome scientifico della pianta del cacao, Theobromina cacao, letteralmente “cibo degli dei”.
Con i Maya (si, quelli del calendario ma anche di molto moltissimo altro..) inizia la vera e propria coltivazione del cacao nelle terre tra lo Yucatan e il Chiapas. L’utilizzo è ancora come bevanda liquida, ma i semi sono così preziosi da essere usati come moneta nelle transazioni commerciali. Dal declino di questa civiltà, la cultura del cacao passa ai Toltechi e poi agli Aztechi, per i quali rappresenta fonte di saggezza ed energia, oltre che un potente afrodisiaco.
È dopo il quarto viaggio di Cristoforo Colombo che le fave di cacao arrivano in Europa, ma è solo dalla prima metà del Cinquecento che Hernán Cortés, il conquistatore del Messico, inizia una vera e propria importazione di questa nuova merce (Inciso: l’imperatore Montezuma, per onorare l’ospite, aveva regalato a questo signore una intera piantagione di cacao. Per tutta risposta l’ospite che però si sentiva padrone, ha annientato l’imperatore e tutto il suo grandioso popolo. Se siete amanti dei viaggi, avrete di certo sentito parlare della maledizione di Montezuma..potete dargli torto?
Nel vecchio continente le reazioni alla novità non sono buone: la bevanda troppo amara e speziata viene ritenuta inadatta a nobili palati. Sono i gesuiti spagnoli che, grazie alla loro conoscenza delle erbe, intuiscono le potenzialità del cacao ed iniziano a lavorare per renderlo dolce. Eliminano il peperoncino utilizzato dagli indios e aggiungono zucchero e vaniglia, riscuotendo grandissimo successo.
Per tutto il cinquecento il cioccolato è una prerogativa della Spagna, nella contea di Modica (allora protettorato spagnolo) inizia ad affermarsi la lavorazione in tavolette solide, secondo uno degli utilizzi Aztechi, con una tecnica di macinazione che persiste ancora oggi.
E’ con un matrimonio reale nel 1585 che il cioccolato inizia a diffondersi alla corte dei Medici a Firenze, per poi raggiungere in pochissimo tempo Venezia e Torino e poi il resto d’Europa.
Restando in tema nobiliare, dobbiamo a Luigi XIV l’introduzione dell’uovo di Pasqua per come lo conosciamo. Fin dai primi cristiani della Mesopotamia, in questo periodo ci si scambiavano uova (vere) in segno d’augurio, ma è nel Medioevo che si inizia a realizzarne prototipi artificiali decorati in modo più o meno ricco, in virtù del rango del destinatario. Nel settecento però il re Sole si stanca delle “solite” uova d’oro e chiede al suo cioccolatiere di corte di realizzarne alcune utilizzando il cioccolato fuso. Pare sia poi opera dei torinesi inserire piccoli doni al loro interno, più probabilmente però la tradizione proviene direttamente dall’uovo di Fabergé, nato da un’idea dello zar Alessandro III come dono alla consorte.
Ma questa è un’altra storia.
Arrivederci ad Maggio con una nuova storia… R.F.
Se non lo avete letto, qui potete trovare la storia di Marzo
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