Videogame vintage, le vecchie console tornano di moda
I giochi virtuali rappresentano ormai l’apice dell’intrattenimento e vengono proposti ovunque, persino sugli smartphone. Una volta era necessario acquistare una console da collegare al televisore o sedersi al tavolo verde per divertirsi con simulazioni calcistiche o attrazioni da sala, ma da qualche anno a questa parte a catturare l’attenzione mediatica è la divisione del mercato. Da una parte le ambizioni degli addetti ai lavori si evolvono regolarmente con le ultime novità, espandendo il concetto stesso del gioco virtuale nell’abbracciare realtà rivoluzionarie come gli esports o il mondo della roulette online e dei giochi di carte in streaming, dall’altra c’è chi è rimasto legato agli albori del fenomeno e continua a vedere le console come semplice strumento di diletto passeggero. Gli anni ’80 furono probabilmente i più importanti nello sviluppo del videogioco, perché in quel periodo nacque la “console war” tra Nintendo e Sega, i principali marchi che per primi hanno regalato ore ed ore di divertimento ai maestri del gamepad.
Da un po’ di tempo un nuovo termine è entrato a ragione a far parte del vocabolario dei gamer: il “retrogaming”, con il quale si indica quanto concerne i videogiochi del passato, generalmente individuati nelle generazioni di console che si spingono fino all’inizio degli anni ‘2000. Un’epoca in cui si ragionava principalmente in bit: ne bastavano 8 perché i processori del Nintendo Entertainment System o del Sega Master System permettessero di vivere esperienze memorabili di fronte agli schermi dei televisori a tubo catodico. Come se non bastasse, già allora le intuizioni di mercato avevano portato alla creazione di dispositivi portatili come Game Boy e Game Gear.
Oggi molte delle periferiche o delle cartucce relative alle vecchie console sono diventate oggetto del desiderio di migliaia di collezionisti sparsi in tutto il globo. In alcuni casi, possedere una copia in perfetto stato di qualche vecchio titolo di Super Mario o Pokémon può valere davvero una fortuna. I personaggi nati in quel tempo sono ancora oggi protagonisti indiscussi del medium videoludico: non sorprende, quindi, che i fan si chiedano come e quando abbiano preso vita certi fenomeni virtuali. Alcune delle console moderne hanno provato a riproporre su degli appositi store digitali i più famosi giochi di una volta, ma l’esperienza non è certo la stessa che si poteva ottenere fino a qualche decennio fa.
Nel 2016 è stata la Nintendo a pensare per prima di sfruttare l’amore dilagante per il retrogaming, mettendo in commercio una versione ridotta di una delle sue macchine più iconiche. Il Nintendo Classic Mini NES era una riproduzione su scala ridotta del Nintendo Entertainment System e conteneva già all’interno una trentina di giochi, senza la necessità (e la possibilità) di inserire le classiche cassette di gioco, tantomeno quelle originali. Il successo fu immediato e solo un anno più tardi la “grande N” ripetè l’esperimento con il Super Nintendo.
Ormai era ufficiale: il retrogaming non era più argomento di nicchia. Nel 2019 toccò quindi alla Sega: esattamente come Nintendo Classic Mini il Mega Drive Mini era più piccolo e leggero della console originale, ma riusciva più o meno fedelmente a far respirare l’aria videoludica del passato, quando era impossibile sfidarsi online e l’unico avversario a disposizione poteva essere un amico dotato di secondo controller, se non la cpu stessa. Per vedere le versioni “mini” delle console successive forse dovremo aspettare ancora un po’: si tratta pur sempre di sistemi più recenti alla stregua di Gamecube, Wii o Playstation 2, ancora reperibili nelle case di molti gamer. Ciò che è certo, è che difficilmente il retrogaming conoscerà una fine. Quando inizia una nuova era videoludica, vuol dire che presto inizieranno a circolare i nostalgici di quella precedente…